Maxi operazione “Millennium”: 97 arresti contro la ‘ndrangheta in tutta Italia. Ai domiciliari l’ex assessore regionale Tripodi
Nel mirino alcune delle cosche più strutturate e potenti della provincia di Reggio Calabria, in particolare i clan Alvaro di Sinopoli e Barbaro Castani di Platì e Ardore. I reati contestati agli indagati sono, a vario titolo, associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio di droga, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, scambio elettorale politico-mafioso e detenzione e porto abusivo di armi

REGGIO CALABRIA – È scattata all’alba l’operazione antimafia “Millennium”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria e condotta dai Carabinieri in collaborazione con ROS, Squadrone Eliportato Cacciatori, Nucleo Cinofili, Nucleo Elicotteri e l’unità ICAN di Interpol. L’inchiesta ha portato all’emissione di 97 misure cautelari eseguite in diverse province italiane, da Reggio Calabria a Milano, passando per Roma, Bologna, Torino, Verona e altre città, e al sequestro di due società attive nei settori della ristorazione e dell’edilizia.

Le cosche coinvolte e le accuse

Nel mirino alcune delle cosche più strutturate e potenti della provincia di Reggio Calabria, in particolare i clan Alvaro di Sinopoli e Barbaro Castani di Platì e Ardore. I reati contestati agli indagati sono, a vario titolo, associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio di droga, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, scambio elettorale politico-mafioso e detenzione e porto abusivo di armi.

La struttura unitaria della ‘ndrangheta reggina

L’inchiesta ha permesso di documentare come i tre mandamenti della provincia reggina – Centro, Jonico e Tirrenico – operassero come un’unica struttura, gestendo in regime di monopolio il traffico di stupefacenti. L’alleanza tra le cosche si fondava su un sistema organizzato e sovraordinato rispetto ai singoli “locali”, e comprendeva una sorta di “provincia” della ‘ndrangheta, un organo collegiale che sovrintendeva alla costituzione di nuove articolazioni, all’assegnazione delle cariche e alla risoluzione delle controversie interne.

Le modalità operative e il traffico internazionale di droga

I “locali” attivi erano dislocati a Sinopoli, Platì, Locri, Melicucco e Natile di Careri, nel Reggino, ma anche a Volpiano (Torino) e Buccinasco (Milano). Il traffico di droga avveniva attraverso container provenienti da Colombia, Brasile e Panama, sbarcati nel porto di Gioia Tauro con l’appoggio di operatori portuali compiacenti. La droga veniva poi distribuita in tutta Italia grazie a una rete solida e capillare.

Coinvolgimento di esponenti politici

Tra gli arrestati figura anche l’ex assessore regionale Pasquale Tripodi, finito agli arresti domiciliari. Per lui non è stata contestata l’aggravante mafiosa. Risultano inoltre indagati a piede libero gli ex consiglieri regionali Sebastiano “Sebi” Romeo, esponente del Partito Democratico, e Alessandro Nicolò, all’epoca dei fatti in Fratelli d’Italia, già imputato nel procedimento “Libro Nero”.

Infiltrazioni nella pubblica amministrazione e nel tessuto economico

Le indagini hanno anche messo in luce episodi di estorsione a danno di imprenditori e commercianti. La cosca Alvaro imponeva il pagamento del “pizzo” alle aziende aggiudicatarie di appalti pubblici e ai negozianti del territorio di Sinopoli. Il clan Barbaro Castani, attivo anche nei comuni di Ardore e Platì, richiedeva una percentuale fissa del 3% sul valore degli appalti alle imprese locali. Le cosche erano in grado di infiltrarsi nelle amministrazioni pubbliche, ottenendo informazioni riservate su gare d’appalto e stato dei pagamenti, anche grazie alla complicità di imprenditori collusi. In un caso, l’attività criminale si è estesa anche alla fornitura di mascherine e guanti all’Asp di Reggio Calabria.

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