"I pregiudizi dell’intelligenza artificiale non nascono da soli. Sono l’amplificazione algoritmica dei pregiudizi reali."
Con queste parole Ruben Razzante, docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano e alla Lumsa di Roma, ha rilanciato una proposta cruciale nel dibattito sull’uso etico dell’intelligenza artificiale: rendere obbligatorio l’addestramento degli algoritmi contro le discriminazioni.
Intervenuto al Festival del Lavoro di Genova, Razzante ha illustrato il contenuto di un emendamento al disegno di legge sull’intelligenza artificiale in discussione alla Camera, già approvato in prima lettura al Senato. L’emendamento è stato presentato dalla Commissione straordinaria contro l’odio del Senato, presieduta dalla senatrice a vita Liliana Segre, e mira a vincolare i produttori di soluzioni di IA a tenere conto della dimensione etica e antidiscriminatoria sin dalle fasi di progettazione e addestramento dei sistemi.
"L’obiettivo – ha spiegato Razzante – è evitare distorsioni, sconfiggere stereotipi e proteggere le persone da effetti discriminatori, spesso invisibili ma molto reali."
Un algoritmo imparziale? Solo se lo addestriamo a esserlo
La proposta si inserisce in un contesto europeo e internazionale sempre più attento ai rischi di bias algoritmici. L’intelligenza artificiale, se non correttamente supervisionata, può infatti replicare – o addirittura aggravare – le discriminazioni basate su genere, etnia, età o orientamento sessuale. Questo accade non per una "malizia" intrinseca delle macchine, ma perché i dataset su cui si addestrano gli algoritmi riflettono squilibri e storture sociali preesistenti.
In questo senso, l’emendamento Segre rappresenta un passaggio culturale oltre che normativo: non basta regolamentare l’IA sul piano tecnico, serve anche una presa di responsabilità dei costruttori sulla qualità dei dati e sulla consapevolezza dei possibili impatti sociali delle loro tecnologie.
Diritto, tecnologia e dignità
Inserire l’obbligo di contrasto alle discriminazioni nel cuore della progettazione algoritmica significa declinare l’innovazione secondo i principi costituzionali di uguaglianza e dignità umana. Non è solo una questione tecnica, ma una scelta politica e giuridica di fondo.
Mentre l’Europa si avvia verso l’attuazione dell’AI Act, che pone nuovi standard normativi per lo sviluppo e l’uso dei sistemi di intelligenza artificiale, l’emendamento promosso dalla commissione Segre spinge l’Italia a giocare d’anticipo sul fronte dell’etica applicata alla tecnologia.
Come ha sottolineato Razzante, autore del libro L’algoritmo dell’uguaglianza, serve un cambio di paradigma: «L’intelligenza artificiale va costruita attorno ai diritti fondamentali, non solo alle performance di calcolo».
La sfida è aperta. E passa anche per l’aula della Camera, dove questo emendamento potrebbe diventare un punto di svolta nella governance dell’IA nel nostro Paese.